Marzo 6, 2023

Immigrazione : da Wittgenstein all’oggi

By Andrea Padovano

Parlare di attualità è sempre pericoloso. Si confondono gli aspetti generali con gli aspetti particolari.

Questo articolo è il mio tributo a tutte le vittime del mare che hanno inseguito una speranza.

Il mondo non è la totalità dei fatti, ma delle interpretazioni. Togliendo al mondo le interpretazioni, ricadiamo in una meccanicistica non degna di nota.

Prendiamo la parola “Immigrazione”. Ad alcuni muove a sentimenti di pietà. Ad altri sentimenti di fastidio.

Il Potere è la capacità di prendere il simbolo e muovere attorno a quel simbolo.

La parola non è più discorso complesso. Logico.

“L’immigrazione è un diritto universale”. “L’immigrazione nuoce all’economia”. I fatti (interpretati) sono sempre complessi ed il metro di giudizio è logico ma anche basato sui pre-giudizi, sulle convinzioni a priori che ci diamo e che agiscono sulle nostre credenze ed azioni.

“Immigrazione” diventa quindi un simbolo che non rimanda ad altro che non a se stesso. Simbolo esso stesso del suo concetto. Sradica la capacità di analisi di chi guarda e diventa puro attrattore senza ragionamenti.

Il mondo è così. Pensiamo che sia una correlazione logica di eventi e che il nostro giudizio sia asettico, equilibrato, mediano.

Invece seguiamo una bandiera e siamo incapaci di andare oltre al simbolo. A ricreare quelle connessioni fra concetti e strutture che ci permetterebbero di analizzare meglio i fatti. Il già citato pensiero tagliente che pone al centro l’ermeneutica (Il pensiero debole : una rivisitazione tagliente di Gianni Vattimo – Archelogia).

So benissimo che le persone, l’altro, sono un pregiudizio della mia mente. Non c’è prova alcuna e mai l’avrò che esistano altri. Ma avverto che questo pregiudizio sia vero.

Sradicare la filosofia dall’uomo, quell’uomo, non solo l’io ma anche l’altro, è trascurare che il mondo è, ma potrebbe essere diversamente.

“Immigrazione”, come ogni simbolo (unità culturale o come vogliamo chiamarla) può essere descritta in una declinazione di Potere (La conferenza sul Potere visto dall’Archelogia – Archelogia). Credo che la parte più vera sia che esistano traiettorie che possano essere cambiate e dentro ognuno di noi la scelta se cambiarle o non cambiarle.

Non trovo nella filosofia di Wittgenstein questa scelta sulla carne del mondo. Le proposizioni, i barconi che si gettano nel mare, sussistono nello stato di cose. I morti sussistono nello stato di cose.

Il principio che mi sento di vivere nella mia filosofia è che quel fatto, può vedermi indifferente. Oppure indignato. Passivo o attivo.

Ho in mente quel pescatore che da giorni non dorme per il rimorso di non avere salvato una vita.

Sradicare i concetti dalla possibilità di scegliere rende i fatti troppo oggettivi per dimenticarsi che sono essi stessi oggetti di Potere.

Inoltre, in maniera ancora più negativa, mi sento che la mia analisi è vuota. Mi sfuggono gli interessi in questo caso. Se non la pesante affermazione che l’interesse è l’affermazione dello stesso simbolo per ragioni simboliche. “Immigrazione”. Simbolo negativo per simbolismo. Il paradosso dell’atto di Potere. “Guerra Santa” che perde ogni significato e si impone a se stesso ed agli altri per puro Potere.

E là giace il corpo di colui che ha scelto di partire. E possiamo piangere o sorridere. Rallegrarci o fare pensieri profondi o vuoti. Il fatto non cambierà, se non potremo pensare che potrà essere cambiato.

Ci scorrono le cose addosso, come l’unica cosa fosse discutere dei simboli, piuttosto che degli altri.