Ottobre 20, 2021

L’etica dell’Archelogia

By Andrea Padovano

Quando si esercita un pensiero filosofico, la domanda centrale diventa : quali sono le conseguenze e connessioni del mio pensiero ?

In un precedente articolo ho parlato dell’Archelogia come una teoria materialista. Confermo questa declinazione. Ma voglio parlare di quello che è il processo dell’Archelogia ed arrivare a trarre delle considerazioni che sono attinenti all’etica.

Per tradurre in sintesi, l’Archelogia si concentra su quello che è la relazione di Potere generata nell’ambito di una unità culturale. Potremmo dire che si concentra sull’ Uc(|etica|). Ogni unità culturale è di fatto una relazione di Potere e viene connotata dalla relazione stessa. Di più, la relazione di Potere è intimamente collegata alla formazione della UC. Cioè non interessa la verità del liberismo, interessa sapere come influenza la realtà (o meglio la griglia simbolica che noi chiamiamo realtà).

Questo processo, che deve confermarsi nella pratica e capire se effettivamente può descrivere il mondo in maniera più efficace, porta implicitamente il suo processo duale. Per parlare in ambito semiotico ||etica||, cioè l’oggetto intrinseco di tutto quello che riguarda l’etica (esteso naturalmente a tutti gli universi culturali che in qualche moda hanno attinenza con esso) non è oggetto di studio dell’Archelogia.

Non è oggetto di studio dell’Archelogia, NON vuol significare la predominanza della Uc(|etica|) rispetto all’||etica||. Semplicemente che l’Archelogia non tratta di ||etica||.

Naturalmente l’Archelogia ha come oggetto di studio la relazione di Potere che connota ||etica|| nella sua trasformazione a Uc(|etica|). Questo è il vero processo dell’Archelogia. In questa connotazione emergono (l’Archelogia sostiene in maniera ontologica) il concetto di classe, relazione, profitto. Dove ricordiamo il profitto va inteso in senso esteso e non solo materiale.

Ugualmente ogni atto umano è un atto ||etico|| oltre che Uc(|etico|). E sappiamo (come e perchè fa parte dei misteri della vita) che l’atto ||etico|| ha predominanza su quello culturale. L’Archelogia quindi è un processo materialista, che pone la sua impotenza concettuale come fondamento.

Il processo Archelogico quindi, come effetto collaterale ed esterno al processo stesso, per definizione propria, è un processo di responsabilizzazione dell’individuo di fronte all’||etico||. Rende nudo l’individuo di fronte al Vero. Lo lascia solo (intendiamo dal punto di vista del metodo) di fronte a ciò che più è fondamentale. Forse, questo effetto collaterale, è il lascito più importante del nostro metodo.

Fatte queste premesse, possiamo dire che l’Archelogia, fra le teorie materialiste, è quella più aperta alla spiritualità. Pur non occupandosi del suo atto individuale più autentico.

Quali sono le conseguenze di questo approccio che all’apparenza sembra astruso e difficilmente comprensibile.

La predominanza della coscienza

Più spingo la teoria verso un approccio materialista (semiotico e di interpretazione dei segni), sia esso scientifico, semiotico o di spiegazione dei rapporti fra segni e più la coscienza (e quindi il libero arbitrio) diventa questione centrale. La domanda sul mondo, non è altro che una domanda sul se. Non si sfugge a questo circolo vizioso / virtuoso. Più si cerca di annegare tenendo sotto l’acqua la testa della trascendenza e più questa risorge in ogni nostra considerazione.

Se considero tutti i valori come pre-giudizi simbolici dati da relazioni di Potere, subito emerge il se come lo spazio univoco e singolo per la loro manipolazione, scelta, appartenenza.

L’Archeologia non è una filosofia anarchica. L’anarchia non può esistere. Ogni relazione umana è una relazione di Potere. Ma è il se si potrebbe dire che è la misura di tutte le cose.

Attenzione che questa considerazione non è trascendente. Uomo, diffida di chi dice questo è vero e questo non è vero.

Ma il se, la propria coscienza con il libero arbitrio è lo spazio per l’accettazione ed elaborazione dei propri pre-giudizi.

Uomo, turati il naso ed opera nel mondo. Perchè altro non puoi fare. Ogni tua azione è espressione di un pre-giudizio. Potrai volerlo oppure no. E un problema, haimè, solo tuo.

Diffida di quello che fai e perchè lo fai.

Ugualmente l’uomo (il se) non è misura di tutte le cose. Ma è la scelta di tutte le cose.